OPPENHEIMER: tra MEME, MEMENTO MORI e MEMORABILE

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Il 23 agosto 2023 è uscito finalmente anche nelle sale italiane OPPENHEIMER, l’ultimo, tanto atteso film del regista britannico Christopher Nolan, già conosciuto per altri blockbusters dal calibro di The Prestige, Dunkirk, Interstellar, Inception e Tenet – solo per citarne alcuni.
Vittima (o co-protagonista?) di un fenomeno mondiale che qui in Italia abbiamo vissuto con un delay di circa un mese: il BARBENHEIMER.

Nelle sale americane infatti il 21 luglio 2023 sono usciti in contemporanea sia Oppenheimer, di cui parlerò approfonditamente a breve, sia Barbie – Film diretto da Greta Gerwig e di cui potete leggere una recensione ad hoc su questo blog.
Tale fenomeno si è venuto a creare per le tematiche affrontate dai due film le quali sono in forte contrasto tra loro e con una sorta di legge del contrappasso dantesca gli utenti di internet sono stati portati a creare battute, meme, merchandise e addirittura un dress code per come andare vestiti al cinema.

Per contesto: Barbie è un film commedia fantasy e di critica sociale incentrato sull’omonima bambola mentre Oppenheimer è un film biografico che racconta la storia del fisico che fu direttore scientifico del progetto Manhattan, ossia il progetto-ricerca le cui scoperte ed esperimenti diedero alla luce la bomba atomica durante la Seconda Guerra Mondiale.

DA DOVE SI COMINCIA
La sceneggiatura del film è tratta dalla biografia “Oppenheimer. Trionfo e caduta dell’inventore della bomba atomica” per cui i due autori, Kai Bird e Martin J. Sherwin, vinsero il premio Pulitzer nel 2005. Da notare che il titolo originale è “American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer” ed è proprio dal titolo che parte la più interessante metafora-analogia della pellicola. Sin dai primissimi secondi ci viene fatta presente la storia di Prometeo con queste parole:

«Prometeo rubò il fuoco agli dei e lo diede agli uomini,

per questo fu legato a una roccia e torturato per l’eternità»

Oppenheimer assume il ruolo di un moderno Prometeo che rubò la conoscenza all’ignoto e fornì tale conoscenza al servizio degli uomini, i quali usandola nel modo più egoistico possibile lo fecero ricordare per sempre come “il padre della Bomba Atomica”.
“Il film parla del prezzo da pagare per le conseguenze dei nostri successi” la stessa Emily Blunt, che interpreta Kitty – scienziata e moglie di Robert – ha descritto il film con queste parole spiegando indirettamente che gli anni di ricerca, il fatto che il progetto abbia portato i suoi frutti han fatto sì che tali conoscenze se poste nelle mani sbagliate sono in grado di distruggere il mondo.

IL TEMPO PER NOLAN
Come in molti film del regista, il tempo e la sua relatività sono fondamentali nella narrazione della storia. In questa pellicola, a differenza del libro biografico che narra i fatti i maniera cronologica, assistiamo a linee temporali raccontate un po’ per volta, i pezzi combaceranno solo alla fine del film (per chi, come me, non è esperto di storia e soprattutto di questa storia, aggiungerei).
Si trattano due macro temi: la scienza e la politica – con l’espediente visivo-narrativo del colore per la prima e del bianco e nero per la seconda.

Il film narra tre linee temporali intrecciate vorticosamente che si susseguono tra scene in bianco e nero e a colori. Trattasi dell’interrogatorio di Oppenheimer nel 1954 da parte di una commissione di inchiesta, architettato per estrometterlo dal suo ruolo nella Commissione per l’Energia Atomica dall’Ammiraglio Strauss e un altro interrogatorio avvenuto nel 1959, in cui emerge il passato di Strauss, scorretto nei confronti di Oppenheimer e che compromise la sua nomina (quasi certa) come Segretario del Commercio.
Le domande poste dai due interrogatori fanno riaffiorare vecchi ricordi degli anni di formazione del fisico, della sua carriera come professore universitario, della scelta come responsabile per il progetto Manhattan, i confronti con i colleghi, dell’ideazione della bomba atomica a Los Alamos in New Mexico, il Trinity Test del 16 luglio 1945, dello sgancio sulla popolazione giapponese e i successivi effetti collaterali.

EMOTIVAMENTE COINVOLGENTE
Tutto il film ci presenta le figure di Robert e dei suoi collaboratori come persone colte, dedite alla scienza e al lavoro che stanno svolgendo ma anche persone umane, con difetti, consapevoli della grandezza e della pericolosità che la loro successiva invenzione avrebbe portato.
Seguire tutto il processo di studio e ideazione dell’ordigno, fino alla suspense nel momento clou del Trinity test fa scattare nello spettatore una scintilla di empatia, di comprensione, di immedesimazione. Al momento dello scoppio della bomba nel deserto del New Mexico, l’unico sentimento che resta nel vedere tutto il team scientifico esultante per la riuscita del Progetto, è il senso di colpa.

Nolan ha voluto raccontare il conto alla rovescia prima dell’esplosione solo con i respiri degli scienziati che diventano spettatori, mentre noi al cinema diventiamo scienziati nel 1945 ansiosi di sapere se il lavoro di anni è andato a buon fine.

Poi il silenzio, silenzio assordante.

Quei secondi di vuoto prima del rumore dell’esplosione sono posizionati in modo tale da permettere a chi è in sala di riflettere sul momento di cui sono stati testimoni poco prima.

Anche lo stesso Oppenheimer ad un certo punto dichiara di “sentire di avere le mani sporche di sangue” per ricevere come risposta dal Presidente degli Stati Uniti in persona un “le mani sporche sono solo le mie” – A sottolineare che alla fine dei conti l’ultima parola, le decisioni, vengono prese da altri e gli scienziati dovrebbero solo limitarsi a fare il loro lavoro, pena l’esclusione dai progetti. Non è mancata durante il film una rappresentazione realistica degli scienziati in opposizione all’utilizzo effettivo della bomba (tra cui gli scienziati di Chicago con a capo Fermi), il cui scopo primario era abbattere il Reich ma che al momento del collaudo già stava dando segni di cedimento.

UN CAST STELLARE
Il protagonista della pellicola è interpretato dall’attore irlandese Cillian Murphy, noto ai più per la serie Peaky Blinders, Emily Blunt interpreta sua moglie Kitty, Matt Damon è il Generale Leslie Groves sovrintendente militare del Progetto, l’antagonista ovvero l’ammiraglio Strauss è interpretato magistralmente da Robert Downey Jr., Florence Pugh interpreta Jean Tatlock, psichiatra e amante di Oppenheimer.
Alison Willmore del New York Magazine ha scritto dell’interpretazione di Murphy che è “spiritata”. Penso che non potesse usare una terminologia più appropriata per dare l’idea di come l’attore abbia interpretato il suo ruolo recitando con gli occhi. Occhi sgranati e azzurri ma annebbiati, tormentati, come se le iridi fossero di acqua torbida.

Emily Blunt nel ruolo di Kitty ha interpretato la moglie di Oppenheimer, donna di scienza (Biologa) che ha sofferto di depressione post-parto e alcolismo. Il personaggio forse è stato scritto in maniera un po’ sofferente rispetto alla realtà storica poiché la Kitty Puening reale ebbe un ruolo importante per la ricerca sugli effetti delle radiazioni della bomba analizzando campioni di sangue.
Robert Downey Jr. nel ruolo dell’Ammiraglio Strauss, politico di grande influenza per lo sviluppo delle armi nucleari in quanto membro prima e presidente poi per la Commissione per l’energia atomica statunitense. Uomo bramoso di potere che architettò le inchieste-interrogatori farsa narrati nel film contro il fisico protagonista per revocarne la fiducia con l’accusa di essere un traditore dalla parte dei comunisti. Interpretazione magistrale di Downey Jr., che ha saputo trasmettere tutto l’egocentrismo del personaggio fino alle ultime battute del film, in cui si svelerà un segreto detto tra il Padre della Bomba Atomica e Albert Einstein.

LA CRITICA
Una critica molto letta e sentita è stata da parte di chi, da vero appassionato di fisica e scienza si è visto troncare i nomi degli scienziati coinvolti, alcune scoperte sono state solo citate nel film o alcuni scienziati non sono stati nominati ma solo visti per un fugace secondo (vedi: Feynman, Neddermeyer, Fermi).
Da questo punto di vista sono in disaccordo: in primis perché il film è sulla figura di Oppenheimer e non sul progetto Manhattan. Sì, siamo tutti d’accordo che da solo il caro vecchio Robert non avrebbe potuto combinare un tubo, che i suoi collaboratori sono stati tutti grandi uomini e donne di scienza, i quali hanno studiato anni per raggiungere un obiettivo ma al contempo proprio per la grandezza del Progetto sarebbe stato impossibile dare il giusto spazio a tutti.

Il film è durato tre ore, con questi tagli da accetta nella porta alla Jack di Shining, figuriamoci quanto sarebbe potuto arrivare a durare se fossero stati citati più di 4000 scienziati e altri 50mila civili coinvolti.

Oppenheimer è decisamente un film che tra qualche anno ricorderemo come cult. L’operazione di Nolan è di calare lo spettatore nella mente del protagonista, nelle aspettative e ansie che egli prova per tutto ciò che ha passato. Passioni sia intellettuali che fisiche (qui da intendere con il doppio significato del termine), un percorso nel saggiare l’ignoto, di quanto questa mancanza di conoscenza sia pericolosa e incuriosisca sia chi la vive sul grande schermo, sia chi guarda, l’ambiguità del risultato, ciò che poi sarebbe potuto succedere (ed è successo) una volta finito il collaudo e portato a termine il compito assegnatogli.

La regia è impeccabile, gli attori straordinari, le scelte e gli espedienti narrativi per raccontare ciò che potrebbe essere una storia col finale scontato e risaputo ma raccontato in maniera a tratti surreale e metaforica rendono Oppenheimer un film non da vedere ma da ri-vedere.
Un racconto denso di informazioni, intenso nelle emozioni, introspettivo e affascinante, di durata lunga ma dinamicamente raccontato e a mio modesto parere un’altra medaglia al valore da appuntare al petto di Nolan.

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