Quest’estate un fenomeno mondiale è arrivato nelle sale cinematografiche: il film di Barbie, la nota bambola prodotta da Mattel. La pellicola si è guadagnata dei record non di poco conto, come quello di essere il film diretto da una donna con più incassi di sempre.
Tra i meme su Barbenheimer (la fusione dei film Barbie e Oppenheimer, usciti lo stesso giorno nelle sale americane) e i trend di TikTok dove gli utenti si esibiscono nel balletto della canzone che Dua Lipa ha cantato per il film, Greta Gerwig, regista del film, si è assicurata un posto importante all’interno della cultura pop con il suo prodotto.
LE MOLTEPLICI CITAZIONI
Greta Gerwig ha fatto un lavoro di regia a dir poco straordinario, traendo ispirazione da diversi film, alcuni dei quali hanno ricevuto anche una loro citazione all’interno del film stesso: è il caso di 2001: Odissea nello spazio, che si ritrova una sua scena ripetuta tale e quale come scena iniziale di Barbie; un’altra citazione diretta la ritroviamo poco dopo, quando Margot Robbie (protagonista e produttrice del film) vola dal tetto della casa dei sogni di Barbie verso la macchina e le si alza la gonna, riprendendo così la scena ormai iconica di Marilyn Monroe nel film Quando la moglie è in vacanza.
Oltre ai film, possiamo trovare citazioni anche di altro tipo, come la scena ambientata nel mondo reale dove Barbie incontra per la prima volta Sasha, la ragazza che si pensa sia colei che gioca con la barbie stereotipo: la ragazza, infatti, insieme alle sue amiche rappresenterebbero le Bratz; lo stesso nome, Sasha, è preso da una delle bambole rivali della Mattel.
UN FILM DIVISIVO
Questo è un film che o si ama o si odia, non ci sono vie di mezzo. Sebbene Barbie sia un film molto didascalico nella spiegazione del suo significato, sembra che siano in molti a non averne capito il significato. Una buona parte degli spettatori di sesso maschile lo ha criticato in quanto film troppo femminista che “odia gli uomini”, cosa non vera tra l’altro. Allo stesso tempo, una parte di spettatrici (le femministe radicali) lo ha criticato per non esserlo abbastanza. La verità sta nel mezzo: in realtà, Barbie è sì un film femminista, ma non di quel femminismo radicale che esclude gli uomini per la supremazia della donna, quanto più un femminismo egualitario che vede la donna alla pari dell’uomo.
All’inizio della pellicola, Barbieland è una società totalmente matriarcale, i Ken vengono lasciati nello sfondo esplicitando che “per Ken è un grande giorno solo se Barbie lo guarda”. Questa società tutta al femminile, per quanto possa sembrare un’utopia, è comunque sbagliata.
Portando Ken (Ryan Gosling) al malcontento, quando egli va nel mondo reale insieme a Barbie e scopre come lì funziona esattamente all’inverso rispetto al suo mondo, decide di tornare a Barbieland ad imporre il patriarcato. Scelta ugualmente sbagliata, perché una società che si rispetti dovrebbe vedere le persone sullo stesso livello invece di relegare una determinata categoria ad un livello inferiore.
Infatti, alla fine del film quando le Barbie riprendono il controllo di Barbieland, decidono di aprirsi un po’ di più con i Ken, facendoli iniziare a lavorare insieme a loro piuttosto che farli tornare ad essere nell’ombra.
DIVENTARE UNA DONNA
Il significato del film, in realtà, è tanto semplice quanto potente: cosa significa diventare una donna, passare dalla gioventù ad affrontare i problemi che arrivano con l’età adulta e liberarsi dagli stereotipi.
La Barbie, in quanto tale, rappresenta proprio l’età giovanile: quell’età dove puoi essere ciò che vuoi, tant’è che la stessa Barbie può essere qualunque cosa, da una dottoressa a una presidentessa.
La situazione cambia quando Barbie stereotipo (Margot Robbie) inizia ad avere un malfunzionamento. Improvvisamente, ha dei pensieri di morte, ansia e cellulite (che sono problematiche che arrivano durante l’adolescenza solitamente): ecco l’incidente scatenante del film, quella situazione che dà il via alla trama, dove Barbie deve cercare di sistemare tutto e tornare ad essere perfetta.
Ma perfetta non è, nessuno può esserlo, ed è qui che il film vuole arrivare: quando la protagonista arriva ad un punto di rottura e il suo stesso mondo le sta crollando sotto i piedi, a farle tornare la voglia di combattere per sé stessa è il monologo di Gloria, la mamma di Sasha interpretata da una fantastica America Ferrera, su che cosa significhi essere donna e sulle difficoltà di esserlo.
Il film è un viaggio che Barbie affronta proprio per slegarsi dal suo stereotipo. Durante il secondo atto del film, i capi della Mattel cercano di riportarla a Barbieland legandola ad una scatola. Barbie sceglie di scappare da quella prigione, di spezzare le catene ed essere libera.
È a quel punto che avrà il primo incontro con Ruth Handler, la creatrice della bambola che qui riveste il ruolo di una figura divina. La ritroveremo infatti nel finale, quando Barbie dovrà fare una scelta che le cambierà per sempre la vita: tornare ad essere Barbie stereotipo o accettare anche le sue imperfezioni e diventare una donna a tutti gli effetti. Con una scena molto commovente decide di diventare donna, lei vuole essere ideatrice non l’idea.
Nel complesso, ritengo che sia un film davvero ben fatto, divertente ma allo stesso tempo d’impatto, da vedere almeno una volta.

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