DUNE (parte 1) di Denis Villeneuve: l’adattamento degno del best seller fantascientifico di Frank Herbert

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Con l’uscita della parte due del film di Denis Villeneuve, colgo l’occasione per parlare della prima parte del colossal di fantascienza del regista. Intitolata DUNE (parte 1) essa trae la propria sceneggiatura dalle opere letterarie di Frank Herbert, scrittore statunitense che nel 1965 iniziò a pubblicare il suo Ciclo di Dune, composto da 6 libri principali ai quali si unirono altre opere scritte post-mortem dal figlio Brian e che raccontano più a fondo l’universo immaginato dal padre.
La storia di Herbert è considerata una pietra miliare per il genere fantascientifico, tutt’oggi la saga detiene il record come maggior numero di copie vendute nel suo genere, ben 20 milioni.
Da questi romanzi sono stati tratti un film omonimo del 1984 dal regista David Lynch, una serie del 2000 intitolata “Dune e il destino dell’Universo”, la quale ha avuto un seguito nel 2003 con “I Figli di Dune”.
L’opera originale è mastodontica, un‘opera epica spaziale cupa e realistica nella narrazione dei personaggi, ambientata in un futuro molto lontano ma che dalla terminologia si intuisce essere il nostro universo: si parla infatti di Jihad, Bibbia Cattolico Orangista e Pogrom. Si parla anche di armi atomiche utilizzate come armi private dalle Casate nobili – il che è tutto un dire dato che il periodo di pubblicazione è dal 1965 in poi, cioè in piena Guerra Fredda.


INTRODUZIONE ALL’UNIVERSO DEL CICLO DI DUNE
I romanzi di Dune narrano la storia del pianeta Arrakis – soprannominato Dune a causa del deserto che lo ricopre – la cui importanza è fondamentale per l’estrazione e il commercio di una sostanza chiamata Spezia (o Melange), preziosissima e ricercata. Il pianeta desertico è l’unico luogo in cui i Fremen, ovvero la popolazione autoctona, estraggono la Spezia e per questo motivo Dune diventa il fulcro delle attenzioni politiche della società simil-feudale dei romanzi.
La società è governata dall’Imperatore, che è a capo della Landsraad – assemblea formata da tutti i nobili dell’Impero. Fondamentale per il commercio è la Corporazione detta CHOAM in collaborazione con la Gilda Spaziale che si occupa dei viaggi interstellari, mentre dietro le quinte i fili sono mossi anche dalla setta politico-religiosa della Sorellanza delle Bene Gesserit.

La famiglia Atreides viene ben vista dall’intera Landsraad, ha una forte morale e un esercito forte e fedele. Tutto ciò porta l’Imperatore a temere un cambio di posizioni politiche e una rivolta a favore del Duca Leto Atreides per prendere il suo posto. Per scongiurare tale evento l’Imperatore stesso chiede al capo del Casato rivale degli Atreides – Il Barone Vladimir Harkonnen – di tendere un’imboscata al Duca sul pianeta Arrakis (Dune), il quale viene concesso in gestione a rotazione alle casate nobiliari maggiori, ed infine agli Atreides.


ATMOSFERE SABBIOSE PER UNA STORIA EPICA
Dopo il suo precedente capolavoro sci-fi, Blade Runner 2049, Villeneuve si cimenta di nuovo nell’adattamento cinematografico di una storia futuristica di forte impatto narrativo, che è stata resa dal lato visivo in maniera del tutto innovativa rispetto all’idea che probabilmente ci facciamo quando pensiamo a un film di genere fantascientifico. Uscito nel 2021 – post pandemia – all’alba di una nuova fase per il cinema e per gli spettatori, il film si pone come blockbuster sì, ma anche come racconto epico, intricato ma non eccessivamente complicato, un prologo a quella che mi auguro sia una lunga saga che approfondisca l’affascinante universo herbertiano.
La pellicola adatta solo la prima parte del primo romanzo e quindi è da considerarsi un inizio di quello che con il tempo potrebbe delineare un unicum complesso e dettagliato e che, per ora, deve essere apprezzata per quello che è, sospendendo il giudizio fino almeno alla visione della tanto attesa Parte Due.
Il mood, le atmosfere generate dalla scelta di colori desaturati, sabbiosi, sono perfettamente in linea con la serietà del racconto, siamo immersi in austeri panorami del deserto della Giordania all’alba e al tramonto e le scenografie grandiose, ampie e a volte vuote danno tempo di perdersi con lo sguardo e immergersi completamente in quel mondo costruito rifacendosi alle popolazioni antiche.
Si notano infatti edifici simili alle ziggurat babilonesi, le iscrizioni nei palazzi sembrano scritture cuneiformi sumere, che fanno viaggiare la mente verso un futuro profondamente legato al nostro passato, una narrazione sci-fi ma con il gusto – visivo e non – di epica antica.
Gli sguardi blu dei Fremen dati dalla Spezia, i sogni lucidi, le allusioni a profezie enunciate dalle Bene Gesserit, i rituali che vengono scoperti man mano durante lo svolgimento del film senza spiegoni ma proprio come vengono introdotti nei libri, fanno della rappresentazione cinematografica di Villeneuve una esposizione puntuale e una versione altrettanto interessante e d’impatto.
La lingua dei gesti, degli sguardi sostituisce in maniera egregia il flusso di pensieri descritto nel romanzo, gli attori sono stati eccezionali nel saper esprimere quello che nell’opera viene descritto minuziosamente.
In aggiunta a quanto detto poc’anzi non si può non parlare della colonna sonora che contribuisce a delineare in maniera attiva il mondo stesso immaginato da Villeneuve. Theo Green, sound designer che aveva già collaborato per Blade Runner 2049, è stato affiancato da Hans Zimmer e insieme hanno composto una colonna sonora decisamente imponente, ingombrante e “pesante”, ideata con suoni gutturali e arabeggianti che ricordano a tratti i canti difonici mongoli e tibetani.


DUNE, L’INIZIO DI ALTRE SAGHE CHE ABBIAMO AMATO
Scritto più di 50 anni fa, Dune è stato preso come fonte di ispirazione da molti altri autori, tra cui George Lucas per Star Wars e George R.R. Martin per “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” (Game of Thrones), solo per dirne un paio.
Le similitudini tra le opere sono molteplici: Star Wars condivide l’habitat del pianeta desertico al centro delle storie (Dune e Tatooine), i mostri vermiformi che vi abitano sopra, l’idea di protagonista come prescelto di una profezia, l’utilizzo della parola “Spezia” come sostanza preziosa, l’idea di Impero intergalattico e di guerra tra fazioni rivali che si protraggono da generazioni.
La saga del Trono di Spade, invece, condivide un sistema medievale-feudale; un allontanamento del capofamiglia dalla terra di origine per un ordine assegnatogli dall’alto (Duca Leto e Ned Stark), i personaggi cadono entrambi in una trappola che capiscono da subito ma vanno incontro al loro Destino, l’incontro e la collaborazione con popolazioni “tribali” (Fremen e Dothraki ma anche Free Folk).
Non si sta parlando di plagio o di copia, ma l’opera di Herbert è stata scritta con tutte le intenzioni di diventare un cult, una pietra miliare della letteratura, con i giusti personaggi, piena di archetipi narrativi, la storia è avvincente e intrigante in un mondo enormemente sviluppato da esplorare e che i posteri hanno sicuramente letto e apprezzato – come biasimarli? – e giustamente si sono ispirati ad essa.

Corriamo al cinema dal 28 febbraio per vedere Dune: parte 2!

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