Il romanzo Dune si svolge effettivamente nell’anno 10.191 del Calendario Imperiale ovvero circa nel 23000 d.C. La cosa meravigliosa di questo film – una delle tante – è che può tranquillamente essere paragonato a un film storico per quanto riguarda l’accuratezza e i riferimenti da cui hanno tratto ispirazione i costumisti che hanno affiancato Villeneuve. Anche se la storia si svolge ampiamente avanti nel futuro non percepiamo i personaggi come esseri così diversi da noi. L’evoluzione della specie umana è dettata soprattutto dallo sviluppo delle abilità cognitive e mentali, agevolate dalla scoperta e consumo di Spezia o Melange. Il mondo di Dune è basato sì sui viaggi tra pianeti con tecnologie nuove tra cui navi spaziali, tute distillanti e commerci intergalattici – di cui abbiamo appena grattato la superficie – ma è al contempo un universo fortemente legato alla politica di un sistema pseudo-feudale e a tradizioni millenarie che affondano le radici nel nostro tempo.
Robert Morgan e Jacqueline West sono gli artefici di questo pazzesco world building per quanto riguarda il vestiario.
La West – esperta in costumi d’epoca – inizialmente ha rifiutato l’incarico proposto da Villeneuve fino a quando ha scoperto che il regista la voleva perché non cercava un’estetica stereotipata di fantascienza. Insieme al co-designer Bob Morgan e del loro team altamente qualificato, hanno realizzato modelli che lei stessa definisce “modieval” ovvero un mix tra moderno e medievale/d’epoca. L’high fashion incontra riferimenti storici da epoche e culture diverse in un connubio di tessuti svolazzanti, perline, armature, amuleti e paramenti sacri mozzafiato.
Vediamo di analizzare i costumi più particolari della pellicola.
CASATA ATREIDES
La casata di provenienza di Paul regna all’inizio del romanzo e del film sul pianeta Caladan, un pianeta che ha risorse di acqua, sembrerebbe freddo ma anche ricco di flora e fauna. Nella scena di presentazione vediamo come strumento cerimoniale una cornamusa, riferimento che potrebbe ricondurci alla Scozia. “Ho sempre pensato agli Atreides come persone di retaggio celtico, per questo non potevano semplicemente scendere dalla loro nave, dovevano essere in pompa magna” con queste parole il regista ha spiegato la scelta dello strumento peculiare, aggiungendo che Zimmer è stato più che contento di collaborare a questa sua idea con le musiche. D’altro canto la stessa West ha detto di essersi ispirata a Dottor Zhivago (1965) e quindi ha attinto alle atmosfere russe e alle divise militari del tempo, soprattutto le divise della famiglia reale russa dei Romanov. I costumi della casata Atreides non saranno tra i più innovativi del film ma sicuramente rendono bene l’idea dell’austerità, dell’eleganza e del potere militare che dovrebbero avere i Duchi della saga. Altra piccola chicca è che in questa versione villeneuviana gli abiti della casata Atreides sono di un colore verde molto scuro che si rifà alle divise del precedente film di Lynch del 1984.



Nelle immagini: sopra Leto Atreides, sotto la divisa del film di David Lynch e la divisa militare russa utilizzata nel periodo di regno della famiglia Romanov.
CASATA HARKONNEN
La fazione nemica Harkonnen è invece interpretata con il colore nero, pelle e spandex. Perfino la vasca di rigenerazione del Barone è riempita di un fluido vischioso di questo colore. Il pianeta Giedi Primo è descritto come illuminato da un sole freddo, l’atmosfera del pianeta è inquinata e perciò la luce non raggiunge la superficie. Per questo motivo le scene in cui appaiono i personaggi sul pianeta sono in bianco e nero, mentre se vengono inquadrati altrove risultano molto desaturati. Per l’ideazione dei costumi sono stati presi come moodboard d’ispirazione aracnidi (come la Vedova Nera) e coleotteri per le linee e l’idea di corazza; altri insetti come le formiche per le guardie, in cui distinguiamo una forma familiare negli elmetti.

Non a caso in una scena della Parte 1 si vede Paul che studia la fauna di Arrakis e tra gli ologrammi del documentario che sta vedendo è presente uno scarabeo; come ad indicare che di lì a poco studierà anche il nemico Harkonnen.
H. R. Giger, artista e creatore dello Xenomorfo di Alien, è stato fonte di studio per le sue opere monocromatiche e surrealiste, tetre e inquietanti ed ha influito sul concept attribuito alla fazione nemica.
Feyd-Rautha (Austin Butler) recita nel ruolo del sanguinoso nipote del Barone. Egli è una rockstar della battaglia, un gladiatore futuristico e accecato dalla voglia di spargere sangue, sadico, quasi un vampiro goth con influenze BDSM.
“Mi sono ispirata all’arte di Giger, a immagini medievali molto scure, come le notti buie e le armature scure e tutta la pelle imbottita. [Il concept] è piuttosto legato al bondage.”

CASATA CORRINO, SARDAUKAR E GILDA SPAZIALE
Appartenenti alla Casata Imperiale vi sono l’Imperatore in carica Shaddam IV (Christopher Walken) e sua figlia la Principessa Irulan (Florence Pugh). L’imperatore ha look minimal ed essenziali. Non ricordo esattamente quali fossero gli abiti che indossava, e credo sia questo il punto.
Lui è l’Imperatore. Non ha bisogno di un abito stravagante e riconoscibile perché è l’individuo più potente nel film, può indossare ciò che vuole.
Gli outfit di Irulan sono quelli più avant-garde della pellicola: l’ispirazione medievale dalla cotta di maglia e monacale per la cuffia che trattiene i capelli la dipingono come una guerriera al servizio del Fato, una Giovanna d’Arco del futuro. Il vestiario della principessa è da considerarsi metafora del suo ruolo: la cuffia ricamata che le stringe sul viso potrebbe indicare che la sua vita è stretta nella morsa della Sorellanza. Al contempo, come il padre, si mostra semplice nonostante sia l’erede dell’Imperium (vedi anche Bene Gesserit sotto).
L’esercito al servizio dell’Imperatore è formato dai guerrieri più sanguinosi e violenti della galassia, i Sardaukar. Li vediamo introdotti nella Parte Uno della saga Villeneuviana e c’è da dire che hanno lasciato il segno (letteralmente).
La scena a cui assistiamo è in preparazione dell’attacco alla base Atreides di nuova istituzione sul pianeta Dune. Osserviamo una sorta di rituale di iniziazione, viene dipinto con il pollice un segno con il sangue sulla fronte di ogni guerriero e vediamo che il sangue utilizzato per tale scopo viene raccolto in una sorta di grande vasca vicino alla quale sono appesi a testa in giù dei prigionieri, morti – appunto – dissanguati. La loro uniforme è grigio-bianca, in contrapposizione con il look total black degli Harkonnen ma è “personalizzata” per ogni soldato con tre strisce rosse sul petto e spalla destra, probabilmente scritte col sangue.

La Gilda Spaziale è stata poco affrontata in questo adattamento, anche se dal punto di vista politico-commerciale ha una importanza rilevante.
Per l’Imperium la Spezia è utilizzata dalla Gilda Spaziale per trovare la strada corretta per navigare tra le stelle, quindi è l’unica organizzazione in grado di compiere viaggi interstellari e fondamentale per il commercio tra i pianeti. Viene considerata uno dei tre poli fondamentali dell’Universo herbertiano, insieme all’Imperatore e le Casate nobili.
Data la potenza e l’importanza dell’Organizzazione, i costumi non potevano che essere altrettanto opulenti e importanti. I membri della Gilda infatti sono stati immaginati come dei papi-astronauti, con tanto di bastone pastorale ad accompagnarli. Nella versione filmica il casco risulta oscurato dalla sabbia del deserto.
FREMEN
Dalle interviste rilasciate West ha dichiarato che la tuta distillante dei Fremen è il primo costume al quale ha lavorato col suo team appena accettato l’incarico. Lo stesso Villeneuve è rimasto folgorato dalla visione del character designer Keith Christensen e ha subito portato lo sketch dell’artista al cospetto del team di costumisti per realizzarlo. La West ha dichiarato che per rendere i costumi più simili ad un guanto possibile, ogni outfit è stato realizzato su misura e non su taglia standard per adattarsi all’attore e che ogni singola tuta è composta da centinaia di pezzi. Benché le tute non siano effettivamente distillerie portatili, sono comunque realizzate con materiali tech che permettevano all’attore di rimanere al fresco anche se sottoposto al sole rovente del deserto. Bellissimo è il contrasto tra la rigidità e linee definitivamente geometriche della tuta e le garze di lino / cotone che ogni fremen si avvolgeva addosso in maniera diversa e personale. “Da’ un che di romantico vedere come il tessuto fluttua nel vento” afferma West. Inequivocabile anche il rifermento al film Lawrence d’Arabia (1962) di cui è stato ripreso il modo di legare il velo in testa per il protagonista Paul. I riferimenti storici sono riscontrabili nelle popolazioni nomadi del deserto del Maghreb, Giordania, Iraq, Iran e paesi limitrofi: tradizioni millenarie che per Villeneuve & co. sono sopravvissute anche a 20mila anni nel futuro; da come legare il turbante in testa a indossare caftani e altre tuniche tipiche per la popolazione non combattente.
LA SORELLANZA BENE GESSERIT
Le donne che tirano le redini dell’andamento politico nel mondo di Herbert non potevano che essere rappresentate come figure misteriose e mistiche. Posseggono poteri mentali spaventosi, la capacità di obbligare a seguire i propri ordini tramite la Voce, sono personaggi indipendenti e non legati a controparti maschili, che invece vengono “sfruttati” per la continuazione della sorellanza e per la creazione di progenie da utilizzare come pedina della scacchiera su cui stanno giocando.
I costumisti West e Morgan hanno confermato come fonte di ispirazione le carte dei tarocchi francesi (dell’Alta Sacerdotessa o Papessa) e proprio i pezzi degli scacchi. La West ha inoltre aggiunto “Le Bene Gesserit – la Reverenda Madre Mohiam e il suo seguito – si basavano sulle suore di Juana e il Monastero di Marsiglia. Ogni mondo aveva il suo riferimento.”
Le Bene Gesserit sono un’organizzazione di Culto, risultato di una fusione tra più religioni – principalmente si fa riferimento al cattolicesimo e all’Islam – e perciò condividono tutte il capo coperto anche se in modo differente: che sia da un velo, un cappello, una retina, un cappuccio o una cotta di maglia ricamata a ricordare il velo monacale, un hijab o il velo di una Vergine Maria medievale affrescata da Giotto.

La linea del corpo essenziale e sinuosa riprende quasi quella di una statua futurista, accoglie in sé la staticità e il movimento del drappeggio, l’austerità di un blocco di metallo ma con il movimento di un fluido.
Per quanto riguarda la Reverenda Madre nella scena della scatola del Dolore in Parte 1, il velo di perline e l’intricato motivo di pizzo fanno tornare alla mente un affascinante mix tra il periodo vittoriano, in cui lo stile per eccellenza era quello del mouning dress (con anche influenze spagnole e italiane), il copricapo-acconciatura del busto della Regina Nefertiti e altrettanto meravigliosi abiti di rete di perline dell’antico Egitto, che ritroviamo anche indossati da Jessica al suo arrivo su Arrakis.
Lady Jessica in questo meraviglioso abito color zafferano ci riporta ovviamente l’Arabia e al Medio Oriente e anche all’India nella giustapposizione dei gioielli sul viso, come tradizionalmente si adornano le spose.

Riguardante il velo di perline che indossano sia la Reverenda Madre, sia Lady Jessica, sia la principessa Irulan, la West ha dichiarato: “È un pezzo medievale che le donne indossavano. Indossavano la stessa rete tra i capelli. L’idea era di usare quella stessa configurazione, ma metterla sopra il suo viso. Le suore spesso coprono gran parte del loro viso dove si vede solo un piccolo quadrato sotto il copricapo. Ho pensato che sarebbe stata una cosa misteriosa e interessante. Stavo guardando i tarocchi di Marsiglia come la Regina di Spade o l’Alta Sacerdotessa. Aveva una rete sul suo volto e l’ho solo resa più grande in modo che lei potesse recitare e potessimo vederle gli occhi attraverso.”

Nonostante sia per colore e tipologia di “velo” quella che per noi occidentali è più riconducibile a Maria, Lady Margot (Léa Seidoux) viene interpretata nel modo più lontano da una figura sacra: la vediamo infatti utilizzare tutto il suo fascino e le sue abilità di seduttrice nei confronti dello psicotico erede Harkonnen Feyd-Rautha, che scopriamo anche essere il piano B della Sorellanza, al posto di Paul.
“Lo si vede davvero con Lady Fenring, anche se il suo stile è molto più [da signora], più lussuoso. Hanno quella silhouette che è molto da suora,” dice West “Il costume di Lady Fenring è uno dei miei preferiti del film per la sua semplicità. Sembra così ricca, eppure è comunque una suora. Mi sono ispirata al vecchio Balenciaga per quella creazione.”
L’abito di Margot Fenring quindi riprende il Cristobal Balenciaga elegante e minimal degli anni 40 ed è creato utilizzando “tanto taffetà francese molto molto costoso”, ma che per le sue caratteristiche di rigidità riesce a rimanere nella forma desiderata senza l’aggiunta di filo di ferro o stecche, mentre l’abito sottostante sembrerebbe di velluto blu elettrico molto più morbido.


ISPIRAZIONI DAI FASHION DESIGNERS NEL TEMPO 
Alexander McQueen AW 1998
Kenzo (Antonio Marras) SS RTW 2011
Alexander McQueen (Burton) SS 2012
DIOR Homme FW 2013
Rick Owens SS 2021
Schiaparelli SS 2021 e SS 2024
West, è un’esperta storica dell’arte e nel suo approccio alla creazione della panoplia vestiaria che i nostri occhi hanno potuto ammirare afferma: “Frank Herbert diceva sempre che per capire il futuro bisogna guardare al passato. E penso che Dune sia il mondo che ricomincia dopo qualche tipo di apocalisse.”
E io aggiungerei che un Oscar per i costumi se lo merita tutto.
Sitografia e articoli consultati:
Jacqueline West Wiki QUI
Bob Morgan Wiki QUI
Interviste per Dune a Jacqueline West 1 | 2 | 3
Keith Christensen Concept Artist di DUNE QUI
Vestiti di perline Egizi QUI

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