È arrivato nelle sale cinematografiche il nuovo capitolo del famoso franchise di Final Destination, iniziato ormai venticinque anni fa, la saga horror dove si cerca di sfuggire alla Morte, che torna sempre a reclamare le vite delle persone che sono scampate al tragico destino.
Nulla di coì diverso dai capitoli precedenti. Anche in Final Destination: Bloodlines c’è una visione che preannuncia una strage con centinaia di persone che perdono la vita e qualcuno che riesce ad evitare il disastro, costringendo così la Morte a reclamare quelle vite in seguito. Una differenza, però, rispetto ai vecchi film c’è: Iris, la nonna della protagonista, è riuscita a sfuggire alla Morte per cinquant’anni. Infatti, il sottotitolo bloodlines ci indica già che ad essere a rischio non è Iris (ormai anziana e malata di cancro), ma la sua stirpe. Perché, giustamente, essendo fuggita dal suo tragico destino ha dato vita a due figli che non sarebbero dovuti esistere, così come non sarebbero dovuti esistere i nipoti di Iris.
Non avendo visto i capitoli precedenti di Final Destination, non posso sapere se ci sono dei collegamenti che questo nuovo film nasconde al suo interno, a parte per il caso di Tony Todd nel ruolo di William John Bludworth che, guardando nella sua filmografia, si può notare come sia già apparso nello stesso ruolo nei film di Final Destination, Final Destination 2 e Final Destination 5. Facendo delle ricerche, il suo personaggio ha lo stesso ruolo in ogni film: quello di fare lo spiegone di come funzionano le regole della Morte. Final Destination: Bloodlines è l’ultimo film dell’attore, che è venuto a mancare lo scorso Novembre a causa di un cancro allo stomaco, ed infatti è stato dedicato alla sua memoria.

In linea generale il film mi ha intrattenuto parecchio. Non sono un fan degli splatter (e infatti le morti dei personaggi le ho viste con una mano davanti gli occhi), ma le dinamiche per la quale muoiono i personaggi sono così esagerate da fare il giro e diventare comiche. Più volte, infatti, mi sono ritrovato a ridere nonostante la violenza delle scene. Non lo definirei nemmeno più di tanto un horror: questo film non fa paura, ma ti genera ansia. Si capisce quando sta per accadere qualcosa, ma non saprai mai né il momento preciso né la causa della morte, perché ti mostrano più elementi che possono essere fatali. Ad esempio (SPOILER): dopo la morte di Iris, la famiglia si riunisce per i funerali, e noi vediamo un pezzo di vetro che finisce in un drink, il barbecue che non si accende, il tappetto elastico che si sta per rompere con sotto un rastrello. Sappiamo benissimo che uno dei familiari di Iris sta per seguirla nell’aldilà, ma non sappiamo ancora chi di loro (dopo verrà spiegato l’ordine in cui dovranno morire) né per quale motivo. Tutto questo crea una costante tensione che provoca l’ansia nello spettatore, fino a sfociare nella morte più assurda e impensabile.
Alla fine dei conti lo ritengo un buon film, riesce ad intrattenere con una formula usata per la prima volta venticinque anni fa ma che non annoia.

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