ELIO: la cosmica ricerca di un posto in cui stare

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La Pixar ritorna in grande stile con il suo nuovo film d’animazione, Elio, un’avventura sci-fi che narra di un bambino con uno stravagante sogno: essere rapito dagli alieni. Quella di Elio è anche la storia di uno sviluppo travagliato: il progetto, annunciato durante la D23 EXPO nel settembre 2022 sotto la direzione di Adrian Molina, co-regista di Coco, è passato successivamente nelle mani di Domee Shi, regista di Red e di Bao, vincitore dell’Oscar come miglior corto d’animazione, e Madeline Sharafian, regista del corto, La tana. L’idea infatti era partita dall’esperienza personale di Molina, accreditato comunque come co-regista della pellicola, presso la California Institute of Arts; secondo le parole di Sharafian in un‘articolo di Entertainment Weekly:

“When he was first coming up with the story, Adrian talked about the moment where he went to animation college at CalArts for the first time, and how all of a sudden he felt like he’d found his people, he’d found his world.”

Segno di questo cambiamento sono le modifiche alla storia originale, ancora osservabili nel primo trailer, in cui emerge in particolare la decisione di rendere il protagonista stesso ossessionato dagli alieni e dal desiderio di essere preso da loro. Il prodotto che ne esce fuori è quindi una storia coming-of-age, dedicata al tema dell’isolamento e del sentirsi accettati in un mondo che sembra non volerci, affrontandolo attraverso dagli occhi di un bambino.

Un’avventura spaziale

La storia racconta di Elio Solìs, un bambino che a causa della recente scomparsa dei genitori soffre di solitudine e ha difficoltà a legare con le persone intorno a lui, a partire da sua zia Olga, maggiore dell’esercito, che fatica nel rivestire il suo improvviso ruolo di genitore. Il senso di inadeguatezza di Elio è tale da spingerlo a cercare un contatto con possibili forme di vita aliene, nella speranza di trovare nella vastità dello spazio un posto in cui sentirsi finalmente accolto. L’occasione arriverà nella forma di un segnale radio, ricevuto dalla base militare dove lavora la zia e inviato da un’organizzazione galattica di specie aliene, il Comuniverso, in cerca di un rappresentante per il pianeta Terra che possa fungere da ambasciatore. Elio, rispondendo al messaggio verrà dunque scambiato per il “leader” del pianeta e sarà accolto nel Comuniverso, che gli affiderà una difficile missione: fare da mediatore con il bellicoso Lord Grigon, signore della guerra alieno, intenzionato a conquistare il Comuniverso. Coinvolto di un’impresa più grande di lui, il piccolo ambasciatore dovrà, quindi, trovare il modo per risolvere la situazione, contando unicamente sul suo intuito e sull’aiuto offertogli dai più disparati extraterrestri, fra cui il tenero Glordon, figlio di Lord Grigon stesso.

© 2025 Disney/Pixar. All Rights Reserved.

Trovare la speranza nell’infinità del cosmo

Pixar torna, quindi, ad abbracciare la materia fantascientifica, già toccata nei precedenti Wall-E e Lightyear, e peraltro a poca distanza dal ritorno in live-action del film di Disney, Lilo & Stitch, con il quale Elio condivide alcuni punti di somiglianza. E’ difficile infatti non notare una certa somiglianza tra il protagonisti delle due pellicole: proprio come Lilo, anche Elio è un bambino scosso da un recente trauma e segnato da una situazione familiare poco confortevole, in cerca di un legame che lo conduce al di là dei confini del suo mondo, scoprendolo nell’improbabile amicizia con una creatura profondamente diversa, ma spiritualmente affine.

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Al di là di queste somiglianze, è sulla peculiarità del personaggio di Elio che il film gioca le sue carte migliori; il protagonista è, infatti, caratterialmente ben diverso dalla focosa Lilo, essendo più remissivo e con poca stima in se stesso. Elio guarda allo spazio con l’intenzione di lasciare la Terra perché deluso da essa e dai suoi abitanti e privo della volontà, di offrire loro una seconda chance. Il film affronta il problematico tema dell’isolamento, dell’incapacità di trovare un luogo dove sentirsi accettati e mettendoci di fronte ad un quesito escapista: “come dovremmo comportarci se una via di fuga si presentasse straordinariamente davanti a noi? Dovremmo prenderla, rinunciando a una realtà spesso deludente, per vivere in mezzo ai prodigi di un mondo a cui sembriamo destinati ad appartenere, o trovare la forza di affrontare di quello in cui abitiamo, anche nei nostri insuccessi?”.

Personaggi e ambientazioni: tecnica Pixar all’ennesima potenza

Ad aiutare lo spettatore in questa ricerca di risposte, ci viene incontro un cast stellare di personaggi, vera linfa vitale del film. E’ risaputo quanto la Pixar sia incapace di sbagliare nella realizzazione delle figure e degli ambienti che popolano i suoi film, e questo è quanto mai vero in Elio. C’è una cura maniacale nella costruzione delle ambientazioni, i cui dettagli risaltano nel contrasto tra gli scenari terresti e quelli alieni: sulla Terra gran parte delle scene è ambientata all’interno della base militare in cui zia Olga lavora ed è dominata da uno stile architettonico brutalista, con edifici squadrati, grigi e ripetitivi. Nel Comuniverso, al contrario le costruzioni tendono alla linea curva, a superfici traslucide e ad una varietà cromatica eccezionale, che rendono il luogo una continua sede di prodigio e meraviglia.

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Discorso simile si applica anche ai personaggi che popolano la pellicola: tutti gli abitanti della Terra vestono infatti in modo normale, con colori poco appariscenti, o indossando uniformi dalla mimetica militare, con la grande eccezione di Elio che, al contrario, segnala la propria differenza, indossando abiti eccentrici e dai colori sgargianti. Viceversa il cast alieno è caratterizzato da toni accessi e movenze sinuose, traboccanti di dinamismo, capaci di comunicare appieno quel senso wonder che ci si aspetterebbe nell’ingresso in un nuovo mondo e che, per questo motivo, mi ha ricordato l’Antemondo del fantastico Soul. L’ispirazione nella costruzione di questo cosmo è provenuta, secondo le parole dello scenografo, Harly Jessup, alla macrofotografia:

“Abbiamo scoperto che semplicemente guardando attraverso il microscopio, venivamo trasportati in un mondo sorprendente e molto diverso da quello che il pubblico era abituato a vedere. Ci siamo ispirati a tutto, da piccoli funghi e muffe a cristalli e creature marine microscopiche. Volevamo davvero proporre una visione inedita dello spazio.”

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Talmente riuscito dal punto di vista della realizzazione questo prodigioso mondo alieno, che ho avvertito un certo grado di delusione per il poco tempo che viene dedicato a mostrare i suoi abitanti, con le loro peculiarità biologiche uniche. Molti dei membri del cast alieno, infatti, si riducono purtroppo al ruolo di comparse, utili a fornire informazioni di contesto o a costruire qualche gag, ma nel complesso di poco impatto sul resto della pellicola. La memorabilità di certi personaggi viene così messa a rischio, il che è un grande peccato, considerando la meticolosa attenzione con cui sono stati realizzati.

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Fortunatamente si salvano da questo discorso i principali antagonisti del film, gli Hylurghiani, la specie aliena a cui Glordon e il padre Grigon appartengono. Nonostante le loro tonalità più grigie rispetto alle loro controparti aliene, infatti, la loro anatomia, simile a quella di grossi bachi da seta, viene messa spesso in primo piano nel corso del film, mostrando la loro capacità di tessere enormi ragnatele, utili a diversi scopi, così come la loro fisiologia, che li rende capaci di sopportare temperature elevatissime, “laviche”, rispetto a un essere umano. Il loro aspetto “morbido e tondeggiante” li rende poi uno mezzo perfetto per il film attraverso cui parlare di vulnerabilità emotiva e del conflitto con un’etica basata sul senso dell’onore e della durezza virile; questa tensione gioca alla base del rapporto tra il dolce Glordon, e l’aggressivo Grigon, e metaforicamente rappresentato dalla speciale armatura da combattimento che tutti gli Hylurghiani ricevono alla maggiore età, rendendoli a tutti gli effetti quelle macchine da guerra che Glordon non vorrebbe essere. L’immagine diventa ancora più forte se si considera che questa armatura è dotata di spuntoni acuminati, usati per fissarsi all’ospite, evidente simbolo di come questa “maschera” risulti dolorosa da indossare per chiunque. Anche se il tema del rapporto padre-figlio tra Glordon e Grigon passa forse in secondo piano rispetto a quello della solitudine di Elio, rimane comunque interessante il tentativo del film di costruire il parallelismo tra il protagonista e il buffo alieno nei rapporti con i loro cari.

Considerazioni finali

In buona sostanza Elio è un degno rappresentante della famiglia Pixar: una pellicola che mette in campo una storia rivolta ai più piccoli, ma che nasconde al suo interno domande e questioni che si rivolgono anche agli adulti. La tecnica con cui è realizzato è sempre sopraffina e in grado di portare in scena situazioni e momenti emozionalmente diversi: dal realismo della quotidianità terreste della famiglia Solìs, alla meraviglia che le ambientazioni aliene comunicano, arrivando a quelle che possono addirittura dirsi vere e proprie parentesi “horror”, veri e propri omaggi ai grandi cult del genere sci-fi che non ci si aspetterebbe in un film avente come target i bambini, come Alien o La Cosa. In questo modo Elio si dimostra essere un pregevole prodotto, in grado di soddisfare il gusto sia di grandi che di piccini in pieno stile Pixar.

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