Una battaglia dopo l’altra (One Battle After Another in originale) è il nuovo film scritto e diretto da Paul Thomas Anderson, acclamato regista di Licorice Pizza, Il petroliere e Il filo nascosto. La pellicola, che annovera un cast d’eccezione con Leonardo DiCaprio, Sean Penn, Teyana Taylor e Benicio del Toro, segna il debutto del regista al genere d’azione, calandoci nella frontiera tra Stati Uniti e Messico tra attentati, proteste e scontri tra civili e militari.

Alla storia Anderson ha lavorato per vent’anni, traendo ispirazione da Vineland di Thomas Pynchon, romanzo che riflette sulle trasformazioni della società americana tra gli anni Sessanta e Ottanta e sui fallimenti dell’amministrazione Reagan. Sebbene la pellicola diverge profondamente dalla trama del libro, permangono i riferimenti alla controcultura rivoluzionaria, alla disobbedienza civile intesa anche come lotta armata portata avanti da gruppi ribelli.
La trama
Bob Ferguson (Leonardo DiCaprio), ex-membro del movimento insurrezionale French 75, vive sotto falsa identità con la figlia Willa (Chase Infiniti) dopo l’eliminazione del gruppo e la scomparsa della sua leader, Perfidia Beverly Hills (Teyana Taylor), sua ex compagna, nonché madre di Willa. Ridotto a una vita degradata dalla sua paranoia e dal consumo di stupefacenti, Bob sarà costretto a imbracciare di nuovo il fucile quando il colonnello Steven Lockjaw, l’uomo responsabile della fine dei French 75, tornerà in azione con l’intenzione di trovare a tutti i costi Willa. Supportato dall’ex-compagna di lotta, Deandra (Regina Hall) e dal “Sensei” Sergio (Benicio Del Toro), istruttore di karate della figlia, Bob si troverà così catapultato in mezzo agli scontri in una città assediata dai militari, mentre Willa dovrà fare i conti con le verità sulla sua famiglia e affrontare le conseguenze del loro passato.

Tra action e commedia
Una particolarità del film è data dal modo in cui si divide in parti distinte; la prima ora della pellicola funge, infatti, da vera e propria premessa narrativa, raccontando la militanza di Bob e di Perfidia nei French 75, il loro trascorso con Lockjaw e l’impatto della nascita di Willa sulle loro vite. Questa prima sezione prepara il terreno per la vera e propria trama del film, che subentra ben oltre la prima ora, concentrandosi specialmente sugli attentanti del gruppo rivoluzionario e sui rapporti tra i personaggi descritti con toni più drammatici.
Superato questa sorta di prologo il film abbraccia il genere action con ancora più forza, con un Bob in fuga attraverso i vicoli e i tetti della città assediata dalle forze di Lockjaw, per poi esplodere nella sezione finale del film, dove scontri a fuoco e inseguimenti d’auto diventano i punti focali dell’azione.

Emerge, tuttavia, una vena di comicità nel film, data soprattutto dall’assurdità delle situazioni in cui i protagonisti si trovano catapultati. Succede ad esempio a Bob, stordito dagli effetti degli stupefacenti, che si vede rifiutate informazioni sulla figlia da un rivoluzionario al telefono perché non riesce a ricordarsi le parole in codice, come previsto dal “manuale del buon rivoluzionario”. L’ironia raggiunge poi livelli grotteschi con la cricca del “Chistmas Adventurers Club”, parodia di società segreta formata da politici ed esponenti di idee suprematiste, che muovono i propri piani dietro le scene, ma fondata su un ridicolo culto di San Nicola.
Un discorso sui personaggi
Altalenanti ho trovato, invece, i personaggi, nonostante il film tenti di caratterizzarli in modo più profondo da quanto ci si potrebbe aspettare da un film di questo genere. Ho trovato, ad esempio, poco interessante il personaggio di Willa, che nel film viene raccontata come una ragazza decisa, una leader nata come la madre, ma il cui ruolo si riduce sostanzialmente a quello di una vittima passiva, relegata sostanzialmente nella sezione finale della pellicola. Il personaggio che più di tutti ho trovato invece sgradevole è stato, invece, Perfidia, che nel suo voler essere provocante finisce per risultare al contrario; il fatto che la sua presenza si limita nella prima ora del film è stato motivo di sollievo per me.

Un personaggio che invece mi è piaciuto particolarmente è sicuramente Sensei, un maestro di arti marziali stoico, ma altruista, che cerca di aiutare in ogni modo Bob nella sua missione, seguendo una personale filosofia per cui la vera libertà si raggiunge nel “non avere paura”. D’altro canto ho anche apprezzato la disturbante figura di Lockjaw; Sean Penn grazie alla sua eccezionale performance riesce, infatti, a esprimere non soltanto tipici tratti del soldato senza scrupoli, ma anche a mostrare le fragilità di questo personaggio, rendendolo un individuo pieno di contraddizioni, ma anche più tridimensionale.
La ribellione come via al cambiamento
I temi del film affondano le loro radici nella lotta al razzismo e contro un sistema di dominio che opprime i più deboli. L’esempio evidente è fornito nei primi minuti del film, dove la cellula di Bob attacca un centro di detenzione controllato dai militari, liberando i prigionieri e riportandoli oltre il confine statunitense, in un’immagine che riflette in modo inquietante certe realtà oggi sussistenti negli USA.
Peculiare è l’attenzione del film nel mostrare i soprusi dell’esercito sui civili, mostrando lo strapotere dei miliari e i metodi ricattatori usati per ottenere ciò che vogliono; così ritroviamo nelle diverse scene degli interrogatori che si inseriscono nell’azione principale, in cui riconosciamo personaggi anche apparsi di sfuggita nella pellicola e osserviamo il modo in cui questi reagiscono di fronte a palesi intimidazioni, tacendo le informazioni o cedendo nell’impotenza di fronte a certe minacce.

In tutto ciò sembra evidente la differenza tra la resistenza rappresentata dai French 75, fatta di audaci incursioni in luoghi simbolo del potere, e quella portata avanti dalle persone comuni, negozianti, medici o radioamatori che si oppongono al sistema attraverso più sottili azioni di sabotaggio. Gli attentati dei primi, infatti, finiscono non soltanto per fare vittime, ma portano all’esito in cui i i suoi membri vengono alla fine individuati e il movimento smantellato, mentre sono Sensei e la rete di aiuti costruiti attorno alla sua famiglia che forniscono a Bob i mezzi con cui poter ritrovare sua figlia. Se si potesse trovare un messaggio positivo in questo film sarebbe forse nel fatto che cambiare il mondo non sia prerogativa di rivoluzionari o organizzazioni segrete, ma chiunque ha modo di lottare per ciò che ritiene giusto.
Opinioni finali
Tirando le somme posso dire di aver trovato Una battaglia dopo l’altra un film buono e in grado di intrattenere, nonostante ci siano diversi aspetti che non mi sono proprio piaciuti. Il problema che più mi frena dall’esprimere un giudizio maggiormente positivo è dato dalla durata di due ore e mezza, eccessiva per un film del genere, soprattutto considerando la lentezza che la trama ci mette per partire. Ho avvertito il peso del minutaggio e sul finale mi sono ritrovato a desiderare che il film finisse il prima possibile. Per queste ragioni consiglierei la visione soprattutto ai patiti dei film action o ai fan di Anderson curiosi di sapere se sia stato in grado di destreggiarsi con un genere nuovo; un esperimento che a mio avviso ha dato i suoi frutti, ma che poteva sicuramente essere sviluppato meglio.

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