EMILIA PÉREZ: perché non funziona

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Il favorito agli Oscar, anche se forse si è giocato le sue possibilità di vincite (vedremo dopo perché), con le sue tredici candidature Emilia Pérez è un film che fa discutere, nel bene e nel male. Ma perché è così amato dalla critica e odiato dagli spettatori?

LA TRAMA

Ambientato in Messico, Emilia Pérez racconta di Manitas del Monte (Karla Sofía Gascón) un capo del cartello messicano che ingaggia un avvocato, Rita Mora Castro (Zoe Saldaña), per poter trovare un dottore disposto ad operarlo per effettuare la transizione a donna.

È così che diventa Emilia Peréz, “cugina” di Manitas che si attiverà per cercare di rimediare a tutti i desaparecidos causati dal cartello.

POLEMICHE SU POLEMICHE

Nonostante le sue tredici candidature, che per poco non raggiungeva il record di Titanic, All About Eve e La La Land con 14, questo film si è guadagnato una serie di polemiche non indifferente.

In primis, abbiamo la polemica del popolo messicano: loro affermano che la pellicola raffiguri i messicani in maniera stereotipata. Come se non bastasse sostengono che la questione dei desaparecidos, che in Messico è un tema molto sentito, sia stata trattata troppo superficialmente. Lamentele giustificate, lo stesso Jacques Audiard in un’intervista ha ammesso di non aver fatto ricerche riguardo la cultura messicana perché riteneva di saperne già abbastanza. In un’altra intervista, invece, dichiara tranquillamente che lo spagnolo è la lingua dei paesi in via di sviluppo e dei poveri (lo spagnolo è la seconda lingua più parlata al mondo): già solo da questa dichiarazione non è difficile capire che tipo di visione ha Audiard riguardo i messicani.

Una seconda polemica è stata sollevata dalla comunità trans: il film, infatti, sebbene abbia come protagonista una donna trans messicana, sembra che sia riuscito a offendere tutti in egual misura. Emilia Pérez ha il problema di limitare la transessualità a una mera questione di genitali. Come se ciò non fosse già abbastanza, in una delle scene drammatiche del film, quando Emilia si arrabbia con la sua ex moglie Jessi (Selena Gomez) il suo tono di voce si abbassa fino a diventare quasi maschile, legando ancora di più l’idea che violenza=uomo benevolenza=donna. Quando Emilia fa l’operazione, infatti, è completamente un’altra persona rispetto a prima: è buona, gentile, si preoccupa delle famiglie dei desaparecidos (che lei stessa in passato ha ucciso). Quando invece si arrabbia torna ad essere “Manitas”, per poi morire alla fine, una fine che tocca quasi sempre ai personaggi trans nei prodotti audiovisivi. E per concludere questa parentesi transfobica del film, in una delle (terribili) canzoni del film Emilia canta affermando di essere “metà lui, metà lei, metà papà, metà zia […] metà capo, metà regina […] chi sono? Non lo so”.

Ma le polemiche non finiscono qui. Una terza polemica è stata sollevata proprio sul cast: un film ambientato in Messico con personaggi messicani, ma senza messicani! La direttrice del casting ha detto che si sono svolti i casting in tutta l’America Latina, la Spagna e gli USA perché Audiard voleva che Emilia Pérez fosse il più autentico possibile, peccato però che il cast principale non abbia nessuno proveniente dal Messico: Zoe Saldaña è nata da padre domenicano e madre portoricana; e Karla Sofía Gascón è spagnola. Solo Selena Gomez ha origini messicane da parte di padre, ma pecca il fatto di non saper parlare bene la lingua (cosa che le è stata contestata).

Le ultime due polemiche riguardano una l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per far raggiungere alla protagonista Joe che non riusciva a raggiungere e l’altra per tutti i post che la stessa Karla Sofía Gascón ha pubblicato nel corso degli anni (dove offende qualsiasi tipo di minoranza) e che potrebbero averle fatto saltare la sua probabile vittoria. Lo stesso Netflix (distributore del film in America), dopo quest’ultimo scandalo ha preso le distanze dall’attrice e non le pagherà niente per la serata degli Oscar. Una scelta presa in extremis per cercare di salvare il salvabile, ma che a questo punto si sarebbe dovuta applicare anche in altri casi passati.

CONCLUSIONI

Questo film è tremendo, sicuramente tra i candidati di quest’anno è il più brutto che ho visto finora, ma non è tutto da buttare. Dal punto di vista tecnico è innegabile che sia stato realizzato bene, e le coreografie mi sono pure piaciute. Se magari questi sforzi fossero stati applicati per una sceneggiatura scritta bene, saremmo stati di fronte a un capolavoro. Eppure ci troviamo qui, con un film mediocre e una storia anche peggiore che però si è aggiudicata la candidatura a miglior sceneggiatura non originale (a differenza di Wicked, che è davvero stato adattato bene).

3 risposte a “EMILIA PÉREZ: perché non funziona”

  1. Avatar Massimo Geluardi

    Hai scordato due lettere nel titolo

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    1. Avatar Carlo
      Carlo

      cambiato!

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  2. Avatar Pam
    Pam

    Direi che quello con le idee più confuse sia il regista.

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